mercoledì 21 aprile 2010

Intervista ad Adele Biasuzzo

Nata il 19 novembre 1905 a Casier (TV). 

Nastro 1996/18 - Lato B                     7 ottobre 1996

Dopo un anno che ci hanno messo per prendere Trento e Trieste, c'è stato il tradimento ... e così i tedeschi sono arrivati sul Piave. Sul Piave sono rimasti un anno e bombardamenti ce ne sono sempre stati qua a Treviso.
Qua a Casier per la maggior parte gli abitanti erano sfollati, anche a Treviso erano sfollati.
A Casier c'era Angelo Toso che aveva il mulino e tanti beni. Lui i suoi inquilini li ha mandati tutti a Trona, in Polesine, dove aveva pure dei beni.
Sono nata a Casier. A Dosson c'è il municipio perché lo ha portato De Reali. Una volta il municipio era qua a Casier; c'è una casa sulla strada per andare in centro da qua, e là c'era il municipio. Appena passata la piazza c'è la Corte d'Assisi ... poi Reali aveva i soldi e portò il municipio a Dosson.
A Casier, Cendon e Silea ... Toso era quasi dappertutto lui il padrone, era quasi tutto suo, e lui ha mandato i suoi inquilini sfollati a Trona.
Il mulino in quel tempo lo facevano andare avanti i soldati, ma all'epoca il mulino era ancora piccolo.
Io sono rimasta a Casier, in una casa poco più avanti di dove abito ora (la terza casa) in via Peschierette. Mio padre era proprietario terriero, aveva una campagna sua che era lavorata da fittavoli. L'aveva comperata con i soldi messi da parte in vent'anni di Argentina a Buenos Aires. Partito a 25 anni, era stato via vent'anni e quando è tornato a casa si è sposato. Al ritorno i suoi vecchi non c'erano più, c'era solo un suo fratello presso il quale è andato a stare finché si è sposato. Ha comprato la campagna con una casa qua a Casier e si è fatto anche la casa nuova in cui è andato ad abitare con la moglie.
Mio padre aveva fatto fortuna, in Argentina. Lavorava sulle linee ferrate, e sentivo che diceva che era diventato caposquadra di cento uomini. Era ancora nell'altro secolo ed è tornato a casa nel 1902.
Ha avuto 5 figli, quattro figlie e un maschio che è morto due anni fa; adesso io sono l'ultima. Delle mie sorelle due sono morte giovani, una è morta a 58 anni, si era sposata ed era andata ad abitare a Cannobio.
Mia mamma quando si è sposata aveva 33 anni, mio padre è morto a 85 anni, mentre mia madre è morta a 43 anni, di parte [parto]. Aveva cinque figli: la più grande aveva 8 anni e la più piccola cinquanta giorni. È morta in casa, di polmonite. Una volta con la polmonite si moriva; è morta a 43 anni il 12 febbraio del 1912.
Io sono la seconda, la prima era una mia sorella, dopo di me è venuto il fratello e poi altre due figlie.
Ricordo che durante la prima guerra c'è stato il bombardamento e le granate da 105. Il giorno 16 di luglio [giugno 1918] sono cadute su una casa dove abitava una donna con dieci figli. Avevano fatto appena in tempo ad uscire da casa, non avevano fatto neppure un chilometro, che una granata ha colpito la casa e l'ha buttata giù. I vecchi non avevano voluto andar via, perché ormai avevano iniziato a cadere le granate e loro non se ne volevano andare, sicché un trave ha colpito in pieno il vecchio e lo ha ammazzato: si chiamava Giuseppe Cagnato, la casa fu distrutta. Il marito era militare; se la moglie e i figli fossero rimasti in casa altri pochi minuti sarebbero morti anche loro perché la casa fu distrutta. Era una casa qua in via Peschierette, qua vicino; l'hanno colpita perché qua sulla strada grande (poco sopra), in quella casa grande che si vede, c'era il telefono Marconi [radio]. Evidentemente sapevano che c'era, e di poco hanno sbagliato. Era il 16 luglio del 1916, alle sei del mattino, ed era dalle tre che tiravano le granate dal Piave, le granate da 305 dal Piave arrivavano fino a qui. [Evidentemente si confonde con il 1918, 15-16 giugno, inizio della battaglia del Piave-Solstizio, almeno per le granate da 305].
Da Casier è partita anche altra gente oltre agli inquilini di Toso [...] e un'amica mi diceva che erano andati sfollati fino a Pompei.
Il parroco di Casier, Antonio Passasi, è rimasto invece in paese. La nostra famiglia è rimasta sempre a casa tranne in quei giorni in cui tiravano le granate, quando ci hanno portato da parenti, un po' più avanti, fuori tiro, a Preganziol.
Le granate invece sono arrivate qua a Casier perché c'era il telefono Marconi e il giorno di Pasqua del 1917 [1918] c'era il comando a villa Morosini Rombo. Là hanno tirato le granate, però, per fortuna tante ne sano andate in acqua; qualcuna è esplosa più avanti lungo la strada [per Casale] dove c'è il mobilificio. C'erano delle buche che ci stava dentro una casa. Le buche le ho viste, e le granate le ho sentite arrivare. Noi eravamo bambini e non ce ne rendevamo conto, non ne avevamo paura e mio papà non mi faceva paura, restava calmo per non spaventarci.
La chiesa invece non è stata colpita. In acqua sì che sono cadute le granate, là poco distante, nel Sile; ma la chiesa non è stata toccata, e neppure il mulino.
E' stato ucciso solo il vecchio Cagnato, il 16 luglio; mi sembra che fosse uno che lavorava (aveva lavorato) nella fornace di Gregòri.
Trincee ne sono state fatte tante. A casa mia erano state fatte in un fosso; gli altri, chi di qua, chi di là, tutti si facevano la trincea per rifugiarsi quando venivano queste bombe o queste granate. Erano trincee fatte da noi, privatamente, il Genio non c'entrava per niente. Tutte le case si facevano la trincea per rifugiarsi quando venivano gli aeroplani.
Le barche continuavano a navigare sempre, sul Sile, ed anche il mulino di Tommaselli a Fiera, funzionava. Tommaselli era un pastificio, mentre il mulino era a Silea, di là del Sile.
Nessuno è venuto mai a mandarci via di casa. 
C'erano soldati che venivano dal Piave, che venivano giù per questa stradina. C'erano prigionieri, che passavano sempre qua davanti; ricordo che dicevano che passava il carreggio. Erano questi soldati, e anche tanti prigionieri, che andavano fuori dal tiro, andavano verso Dosson, verso Conscio. Dicevano che andavano fuori dal tiro...
In paese c'erano gli ufficiali nelle case. Domandavano una stanza e gliela si doveva dare. A volte venivano anche delle pattuglie di militari, che però si accampavano nei campi e poi se ne andavano.
In casa nostra c'era qualche tenente, e sui campi ogni tanto mettevano qualche tenda, magari stavano là un giorno o due, a seconda degli ordini.
Nel complesso, come guerra, qua a Casier era abbastanza tranquillo, tranne gli aeroplani e quelle due volte che sono arrivate le granate.
L'ospedale militare era a casa di Toso e sull'asilo, dove c'è l'asilo adesso. Anche durante la prima guerra mondiale l'ospedale civile di Treviso è venuto qua a Casier, e fu sistemato dentro la villa di Toso e dove ora c'è l'asilo: là c'è sempre stato l'ospedale di Treviso, sia nella guerra del '15-'18 che nell'ultima guerra.
So che qua ce ne sono morti molti di soldati, che hanno portato nel nostro cimitero, tanto davanti che dietro il cimitero. Li hanno seppelliti e dopo, finita la guerra, li hanno riesumati. Chi se li è portati a casa, chi è stato portato nei cimiteri grandi.
I tedeschi sono stati fermati sul Meolo, dove c'è la colonna romana e a Campo Solagna, a metà strada del Grappa, dove c'è un'altra colonna romana.
E i tedeschi hanno ceduto per la fame, perché da Caporetto a venir qua hanno trovato tanto da mangiare, e per un anno hanno potuto andare avanti. Poi hanno dovuto cedere per la fame, perché se non era per fame i tedeschi non avrebbero ceduto, sarebbero arrivati a Treviso.
Quando la guerra è finita, il quattro novembre, mi ricordo benissimo che suonavano le campane, alla mattina del quattro novembre e hanno detto: «È finita la guerra, è finita la guerra»!
Tanto è vero che poi il quattro novembre è sempre stato ricordato, ed anzi adesso il quattro novembre non lo nominano neppure più. Eppure c'è un monumento per paese, e tutta quella povera gente, quei poveri orfani, quelle povere vedove rimaste con quattro cinque figli. Tanti, tantissimi, che adesso ormai hanno ottant'anni.
Hanno suonato le campane e hanno detto: «È finita la guerra, è finita la guerra», e prima le campane - durante la guerra- non le suonavano mica. Finalmente quella mattina del quattro novembre le hanno suonate, perché era finita la guerra...
Non c'è stata una festa particolare, anche perché non c'era quasi più nessuno a casa.
So che prendevo delle buone scaturìe (paure), quando venivano gli aeroplani. Ci rifugiavamo in casa e qualche volta siamo andati anche in questa trincea che avevamo fatto, ma poi c'era il maltempo, c'erano le piogge e allora restavamo a casa. Una volta una bomba piccola è caduta giù da un aeroplano, all'inizio dei nostri campi, ma ha fatto una buca piccola; ma per il resto siamo stati fortunati.
Anche durante la seconda guerra siamo rimasti sempre nella nostra casa, ma ci sono state più scaturìe, specie il sette aprile [1944], quando c'è stato un bombardamento mica tanto indifferente. Il bombardamento ha cominciato dalla chiesa di S. Antonino; se fosse iniziato un minuto dopo ci sarebbero stati tanto meno morti, perché tutti sono corsi lungo la [...]

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