domenica 18 aprile 2010

Intervista ad Ester Carussi

Questa testimonianza fa parte di una serie di interviste effettuate il 27 novembre e il 28 dicembre 1998 a un gruppo di vecchi presso la casa albergo Ai Faggi, via Macesio 31, Udine - (animatrice sig.na Romina ...).

Nastro 1998/23 - Lato B                 28 dicembre 1998

Ester Carussi, nata a Udine nel 1913

Mi ricordo due particolari soli, che quando sentivo i bombardamenti andavo a nascondermi sotto il secchiaio, che quella volta era molto grande e sotto era vuoto. E io andavo a nascondermi là sotto. Abitavo in via Superiore, a Udine. 
E dopo, quando ci davano qualche volta un pezzo di pane, era nero come la sua giacca e ci dicevano che era il pane con la cioccolata perché noi non volevamo mangiarlo e quando ci han detto che era con la cioccolata e allora se lo mangiava. Poveri, benedetti ... con tanta fame che si aveva!
Mio papà era falegname e in più pompiere; non era in guerra. Mia mamma faceva la casalinga. I fratelli invece sono stati in guerra, ma più di tanto non ricordo.
D. Ricorda qualcosa di quando è finita la guerra e sono ritornati gli italiani?
R. Mi ricordo che c'era una gran confusione, e basta, i particolari non posso ricordarli. Mi ricordo invece i due particolari del pane nero e del secchiaio dove andavo a nascondermi.
Eravamo in sette fratelli, 4 maschi e 3 femmine. E dopo mi ricordo che c'era un tedesco e nel cortile lì abitava una signorina. Questo tedesco se l'era fatta amica e si chiamava Maria ... allora io mi ricordo questo: «Un'altra Maria non c'è?» e hanno preso di mira mia sorella che era un po' grandina, ma era ancora bambina. Mia mamma se la teneva stretta, figurarsi. Ecco quelle cose là mi ricordo, e basta.
Mi ricordo che loro cercavano un'altra Maria, come quella... Non hanno fatto niente, solo pretendevano che gli si desse da mangiare e non se ne aveva neppure per noi.
«Ma questi bambini muoiono di fame», sentivo le mamme che dicevano; mia zia, mia mamma. «Muoiono tanti dalle nostre parti, e muoiono anche qua» dicevano i tedeschi.
Non hanno violentato ragazze, no ... sono stati buoni, veramente. Qualcuno faceva anche pena, perché erano ragazzi, avevano fame anche loro. Ma le nostre mamme dicevano: «O lo diamo a loro o lo diamo ai nostri bambini»; eravamo sette noi, più quattro miei cugini, e non sapevano come sfamarli.
Un altro particolare mi ricordo, ma non chiaramente. Quando è stata la ritirata, cosa è stato, che si scappava e diluviava ... e le nostre mamme ci avevano messi su un carro coperto con un telo, noi bambini. Sennonché abbiamo incontrato un signore che ha detto: «Dove andate con quei bambini piccoli, tornate a casa,  tornate a casa», e allora siamo tornati a casa. 
Non siamo stati profughi, in giro, no; non siamo andati in nessun posto, siam tornati a casa sotto il diluvio universale. 
E del resto non so dirle altro...

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