sabato 17 aprile 2010

Intervista a Luigia Cóncari

Questa testimonianza fa parte di una serie di interviste effettuate il 27 novembre e il 28 dicembre 1998 a un gruppo di vecchi presso la casa albergo I Faggi, via Micesio 31, Udine - (animatrice Romina ...).

Cóncari Luigia, nata a Pinzano al Tagliamento (PN) il 20 gennaio 1903

Nastro 1998-21          Lato B [da 07:21]   Audio originale integrale             27 novembre 1998

Siamo scappati gli ultimi giorni di ottobre [1917] da Pinzano al Tagliamento. Han fatto saltare il ponte verso il 29-30 del mese. E il forte di Osoppo si sentiva, solo ... scoppi dappertutto. I tedeschi venivano avanti e sparavano e allora si scappava col treno. Il treno andava un poco, poi si fermava ... si scendeva a piedi e si andava oltre Casarsa. Siamo andati a piedi, e sopra c'erano gli apparecchi tedeschi ... e i soldati italiani volevano sparare. Allora la gente ha cominciato a gridare: «No, no non sparate perché sennò ci uccidono tutti». Si vedevano le bombe, e siamo andati a piedi. Qualche volta, qualche pezzo in ferrovia, ma il treno non andava, si fermava dove voleva e siamo andati avanti così...
09:24 Siamo andati a Firenze, e là: fame! Tanti profughi erano arrivati in città, e la gente brontolava: «Potevate stare a casa! Adesso non si ha neanche noi roba da mangiare!».
Per arrivare a Mestre abbiamo fatto a piedi, e avanti e indietro. I treni non andavano, era pieno. Le strade erano piene di militari in ritirata. La gente, carri, biciclette, tutto quel che potevano, andavano avanti così ... e a piedi.
Siamo arrivati finalmente a Firenze. Nel treno c'erano militari, gente, bambini che piangevano, un caos! Dico io, che non so ... bisogna solo vedere per capire cosa è stata la ritirata. Di tutto, di tutto...
D. Arrivati a Firenze non siete stati accolti bene?
R. No, no, perché è arrivata tanta gente, e mangiare non c'era tanto, era la tessera. Ci davano la colpa a noi che potevamo stare a casa e non andare a portar via il mangiare a loro.
A Firenze ci hanno messo a Santa Maria Novella, sotto i portici, e dopo di là abbiamo trovato una casa, una camera in due - tre, ci siamo uniti. Un po' alla volta la situazione è migliorata, ma sul principio è stata dura.
Io poi avevo perso mia mamma per strada, e non sapevo dov'era andata. Lei non sapeva niente di me, e dopo, mediante una famiglia, ho scritto io e ha scritto mia mamma, ci ha messo in comunicazione. 
Dopo Firenze siamo andati in provincia di Campobasso, e là siamo stati bene. Ben trattati dalla gente, proprio, e per mangiare ci portavano la farina, l'olio. Là sì, ma a Firenze, fame.
12:21 Il paese in provincia di Campobasso si chiamava Monacilioni. La ferrovia si fermava nei pressi e poi c'era più di un'ora di cammino a piedi, perché non c'era neanche la strada, ancora, in quel paese. E siccome mio zio era maestro, è andato là a fare scuola, e anche mia mamma è andata  insieme.
Gli uomini erano tutti militari.
Mio zio maestro si chiamava Antono Cóncari, e là siamo stati bene, perché la gente ci portava la roba, là. In quel paese eravamo solo noi, di profughi.
Io ero sola, e poi è morta la mamma, di spagnola. Sono rimasta con mio zio un poco, e dopo ho cambiato...
A Monacilioni si aveva anche imparato a parlare nella loro maniera, però ci trattavano bene. Adesso sono passati tanti anni e non ricordo, ma io avevo imparato uguale di loro a parlare; come loro, il dialetto abruzzese.
Insomma, là è andata bene, dopo. 
Siamo rimasti via un anno e appena tornata l'Italia qua, siamo venuti su.
14:38 D. Cosa ha trovato a Pinzano?
R. Niente
D. La sua casa?
R. Niente
Io a un certo punto ero andata via, da mio zio, perché lui aveva cinque figli e io ero la più vecchia e sono andata a lavorare. Sono rimasta a Udine e là mi sono sposata.
A Pinzano sono tornata con mio zio, dove abitava lui. Poi con mio zio siamo venuti a Udine perché gli servivano le carte perché era maestro e per poter insegnare doveva presentare queste carte.
La mia casa a Pinzano era proprio in centro al paese, adesso hanno rimesso a posto ed è tutto cambiato...
Quando siamo tornati molte case di Pinzano erano rovinate, avevano portato via tutto i tedeschi, appena arrivati, ed era appena fatto il raccolto.
Noi siamo scappati perché stavano per arrivare i tedeschi, e tutti scappavano e siamo scappati anche noi, io, mia mamma e altra gente del paese. Tanti son rimasti, tanti son venuti avanti un po' e poi si sono fermati e son tornati indietro. Noi siamo andati avanti, un po' a piedi e un po' in tradotta. Sono state giornate brutte...
17:45 Si sentiva sparare da tutte le parti. Il forte di Osoppo è di fronte al mio paese. Si vedeva il forte di Osoppo, è sul Tagliamento. Là gli italiani hanno fatto saltare [il forte] ... gli italiani, perché stavano per arrivare i tedeschi. Anche il ponte hanno fatto saltare, la prima arcata. [1998.21b - fino a 18:30]

Nastro 1998/23 - Lato B   [da 13:35 a 18:03 su cassetta originale]               28 dicembre 1998

I militari andavano tutti indietro, la gente fuggiva. Perché quando venivano i militari a riposo, raccontavano sul Carso cosa succedeva e dicevano: buttano il gas asfissiante. Allora, con la paura, così ... arrivano i tedeschi, ci rincorrono e ci buttano i gas. Si scappava così, andando via, ecco...
A Osoppo, sul forte c'erano munizioni, robe dentro, e l'han fatto saltare, quando arrivavano i tedeschi. Si vedeva tutto un fumo nero. Anche il ponte, il 28-29 di ottobre han fatto saltare anche il ponte. Si sentiva lo scoppio e si andava avanti con la paura ... scoppiavano, bombardavano, facevano di tutto e si andava via un po' a piedi e un po' in treno. Perché il treno ogni tanto si fermava e non andava più avanti. Allora a piedi, sotto la pioggia...
A Campobasso, lì si stava bene e mio zio aveva trovato il posto da insegnare ... perché erano tutti soldati. Mio zio era l'ultima classe che non era ancora militare e allora l'han mandato in un paese vicino. Lì si stava bene perché la gente ci portava la farina, ci portava l'olio, si stava benissimo, mentre che a Firenze, fame... 
Perché tanta gente arrivata in città, poca roba e allora ogni mattina al Ponte Vecchio andavo a prendere un chilo di castagne cotte nell'acqua o patate, se si trovavano. C'era un fruttivendolo e si aveva un pezzettino di pane così. Se lo mangiavi alla mattina era finito per tutto il giorno. Si viveva con patate e castagne cotte al Ponte Vecchio, mi ricordo ancora. C'era una donna che vendeva, una toscana, e vendeva castagne e patate lesse, quando c'erano anche quelle, perché a volte mancavano anche quelle...
Adesso non mi ricordo più il dialetto di Campobasso, di quel paese, ma l'avevo imparato preciso, come loro, in quel paese dove si abitava.
Quando sono ritornata a Pinzano c'erano molte case distrutte. Tutto no, ma tante case rovinate, senza più porte né finestre; le avevano tirate via per bruciare, non c'era più niente. La nostra casa (eravamo in affitto) era tutto vuoto dentro. I muri c'erano, la casa era in piedi, ma finestre, porte, tutto rotto, tutto... 
La roba che era dentro portata via, perché chi era rimasto ha portato via la roba a quelli che scappavano, per darla alla gente e per farsi dare roba da mangiare, perché era miseria. Non c'era niente. Allora rubavano da una parte per darlo agli altri e avere qualche cosa. Noi non abbiamo più trovato niente in casa, neanche il letto per dormire, niente.


Nessun commento:

Posta un commento